5/10 Trieste. Il dopo Gaetano Rasi. Per una politica sociale

Tra i punti di criticità che abbiamo voluto affrontare “a caldo”, all’indomani del congresso di Trieste c’è stato indubbiamente il limite rappresentato dalla nostra capacita di informare e comunicare.

Il problema riguarda un gap interno ed esterno al partito, dalla mancata comunicazione fra le battaglie del gruppo parlamentare ed i dirigenti di partito, alla comunicazione e la veicolazione del nostro pensiero, del nostro progetto politico verso l’esterno. Ne abbiamo scritto nel nostro precedente articolo.

Un altro punto che ci sta particolarmente a cuore, soprattutto dopo la scomparsa di Gaetano Rasi,  riguarda la politica economica del partito, legata al mondo del lavoro, che per noi è di fondamentale importanza.

Lotteremo con tutte le nostre forze all’interno del partito per eliminare, definitivamente e senza esitazione, il richiamo a qualsiasi forma di dottrina liberale, contenuta se pur in “punta di piedi” nell’articolo 1 dello Statuto del Movimento e nelle sue finalità, secondo le quali: “FRATELLI d’ITALIA  è un Movimento che ha il fine di attuare un  programma politico che, sulla base dei principi di sovranità popolare, libertà, democrazia, giustizia, solidarietà sociale, merito ed equità fiscale, si ispira a una visione spirituale della  vita e ai valori della tradizione nazionale, liberale e popolare, e partecipa alla costruzione  dell’Europa dei Popoli”. 

Riteniamo errato, profondamente errato, ogni qualsivoglia richiamo ad una dottrina fallimentare, ossia quella liberale, per le motivazioni storiche che si collegano a quella “visione spirituale della vita“, secondo la quale, non possiamo che ispirarci all’umanesimo del lavoro in senso gentiliano, alla dottrina sociale della Chiesa preConciliare, allo Stato Nazionale del Lavoro la cui realizzazione era e resta “sociale, nazionale, popolare”.

Non saremmo noi, se non lo facessimo, poiché quel richiamo fu uno dei motivi scatenanti della “scissione di Fiuggi”. Perché Giorgia Meloni che ci legge, saprà fare tesoro delle tesi di Pino Rauti, che noi facciamo nostre, per contestare il completamento della “destra”, in questo nostro nuovo cammino, sul versante della “destra,” con quel richiamo alla dottrina liberale per la quale,  come disse Rauti: ” non abbiamo diviso il mondo, (…) e sparso, non dirò sangue anche se potrò citarlo, ma tanta passione, tanto tormento nell’umanità contemporanea per arrivare poi a questi risultati: alla destra storica che è il “nuovo”, pensate un po’. Io sono andato a guardare i libri, la destra storica italiana… beh una traccia recente l’abbiamo quando una certa esperienza si conclude con Minghetti nel 1876. Quella è la destra storica italiana: tanti saluti al nuovo! Ma, dice, c’è anche Salandra e Sonnino. Lo sappiamo, lo sappiamo! Salandra e Sonnino… una certa destra, che  (….) per quello che mi riguarda sarebbe stato meglio mettere in manette perché negli anni di quella destra l’Italia diventava terzo mondo: milioni di italiani erano costretti ad emigrare all’estero, il 20% della popolazione italiana soprattutto dal sud; perché in quegli anni di quella destra 60.000 italiani morivano di tubercolosi ogni anno; perché c’erano le paludi alle porte di Roma e non c‘era acqua nel tavoliere delle Puglie e a Bari; perché non c’erano fognature nel 90% delle città italiane“.

Una descrizione nemmeno tanto lontana da quella di oggi, venticinque anni dopo quel congresso,  corruzione, concussione, favoritismi, nepotismi, auto-blu in eccesso, vitalizi folli, interessi privati in pubblico, abuso d’ufficio e la lista dei mali morali che affliggono la politica è pressochè infinita.

Nella nostra visione della politica, il benessere di una società dipende essenzialmente da due fattori: una variabile indipendente ed una variabile dipendente, in ogni modo l’economia deve rimanere subalterna al ruolo predominante della politica e lo Stato deve limitare  i conflitti  tutelando  i deboli.

La variabile indipendente è la tipologia e la quantità di risorse primarie naturali presenti sul territorio (clima, terreni, minerali, idrografia). La variabile dipendente è invece la capacità dei suoi abitanti di passare dalla potenza all’atto, di investire cioè al massimo le capacità ed i talenti dei singoli.

Mentre per la variabile indipendente c’è poco spazio operativo, per la variabile dipendente il tutto si gioca a livello di convenzioni ed accordi umani e la convenzione per eccellenza in questo settore è il denaro e lo Stato deve essere garante dei diritti dei più deboli.

Qui noi giochiamo un ruolo strategico con la nostra proposta di salario minimo di inserimento sociale e di reinserimento lavorativo. In Italia c’è il problema drammatico del rischio idro-geologico,  centinaio di migliaia di abitazioni sono a rischio, ogni anno si spendono migliaia miliardi di euro per intervenire sui drammi, sulle catastrofi, senza prendere in esame le centinaia di morti che per noi non hanno un valore quantificabile con un parametro contabile, ogni morte è una perdita inestimabile.

Allo stesso tempo esiste una disoccupazione giovanile superiore al 25% ed una massa notevole di laureati, diplomati e semplici lavoratori disoccupati o sottooccupati e quindi messi nelle condizioni di non poter esprimere le loro capacità. In una situazione simile, del tutto folle per chiunque la considerasse da un punto di vista disincantato ed obiettivo, lo Stato e le autorità responsabili del bene comune  hanno il dovere, non il diritto, di mettere mano ad un piano sociale dalla portata  epocale.

Lo stesso discorso vale per tutti i servizi carenti con cui i cittadini devono quotidianamente confrontarsi: giustizia, sanità, scuola, università, edilizia pubblica, trasporti, viabilità, servizi sociali.  Serve una politica sociale, non una politica liberale!

Il fatto che ciò non avvenga, che si continui a vivere in una condizione di estrema precarietà rispetto a tutti questi beni e servizi è, per chi è cattolico, un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio, per chi è ateo l’estrema offesa alla dignità della persona umana.

Sarà questo il nostro primo  intervento politico-culturale all’Assemblea Nazionale di Bologna del 13 gennaio prossimo. Lanceremo la nostra battaglia per il “salario minimo di inserimento sociale e di reinserimento lavorativo” perché per noi,  il LAVORO È AL PRIMO POSTO.

Precedente Fitto. Triplo salto mortale con avvitamento. Sulla quarta gamba. Successivo Immigrazione. Adesso li andiamo a prendere anche in aereo mentre gli italiani muiono.