Allarme! Allarme!! I FASCISTI ! A VENEZIA compare il lido, a Lecce scompare la pineta.

Come funziona?

Una zecca sovietica fa partire l’informativa, il giornalista compagno trasforma l’informativa in “notizia”, il giornale di regime fa il titolone e scoppia il “caso sui giornaletti provinciali” e spesso diventa “caso nazionale”.  Punta Canna invece è una questione nazionale direttamente, una sorta di notiziona.

Un copione che da un decennio a questa parte assume le dimensioni d’avanspettacolo, nuove ed originali formule dei “barzellettieri d’Italia”. In altri casi, invece, gruppi più cinici colpiscono denunciando l’apologia del reato e per gli imputati sono spese per avvocati in processi che il più delle volte si concludono con la solita formula: “Assoluzione perché il fatto non sussiste; … Assoluzione perché il reato è stato commesso da una persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione”….

La scure dell’antifascismo questa volta ricade su una spiaggia definita “fascista” a Chioggia, in provincia di Venezia da parte del quotidiano “La Repubblica” per una inchiesta condotta da  Paolo Berizzi, tanto è ridicola e patetica la questione che ne riproponiamo l’epilogo: “la spiaggia fascista ha dovuto smantellare i suoi simboli. Via tutto: cartelli, manifesti, scritte inneggianti a Benito Mussolini e ai saluti romani, ai ‘me ne frego!’ e al ‘manganello’, all”ordine e la disciplinà del duce. Come anticipato da Repubblica – che domenica ha sollevato il caso Chioggia – l’intervento della prefettura e della questura sulla vicenda di ‘Playa Punta Cannà si è tradotto in un primo provvedimento: un’ordinanza del prefetto di Venezia, Carlo Boffi, obbliga il titolare del lido balneare, Gianni Scarpa, a rimuovere immediatamente ‘ogni riferimento al fascismo’ affisso tra cabine e ombrelloni. Sempre nell’ordinanza prefettizia, si intima all’imprenditore nostalgico del ‘regime’ di “astenersi dall’ulteriore diffusione di messaggi contro la democrazia”. Si è ora in attesa di sapere se l’ecclettico personaggio sarà sottoposto a procedure penali o sequestri amministrativi delle autorizzazioni.

Un mal riuscito tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica alla “pericolosità per la sicurezza nazionale”, dei “rigurgiti fascisti” mentre gli inviti di Giorgio Napolitano e di Laura Boldrini trovano in Emanule Fiano il solito deputato perditempo che presenta in parlamento una proposta di Legge per l’inasprimento delle pene non solo per i reati già esistenti e riconducibiliballe Leggo Scelba e Mancini, ma per l’estesione degli stessi anche alla produzione artigianale di oggettistica e commerciale di enogastronomia, legata al “regime” ed al suo “capo”.

Tentativo mal riuscito, scrivevamo, perché il pericolo della deriva “antidemocratica” si deflaga ancora una volta contro un pittoresco personaggio, nemmeno tanto folkloristico, grottesco, uscito da un film di Carlo Verdone.

A questo si è ridotto ogni richiamo mediatico del tanto vituperato regime. Manifestazioni retoriche, scene pittoresche, quando non macabri rituali sovrastano, il doveroso culto dei morti, la cura dei luoghi Sacri, il richiamo al rispetto del sacrificio, che in una nazione matura e seria, non resa tale dagli inqualificabili attacchi dei presunti vincitori, dovrebbero essere alla base dell’esercizio dell’onore e del rispetto per i vinti, molto spesso adolescenti e giovani, che si mantennero fermi sulle posizioni al fronte e combatterono fino all’epilogo – molto spesso drammatico -pur sapendo che la guerra era perduta.

Ma “La Repubblica”, “L’Espresso”, altri, molto spesso sono solo strumenti per la dissuasione delle masse, utili ad alzare polveroni inutili quanto vuoti di notizie contenuti per nascondere altro.

È così mentre a livello nazionale va in scena l’ennesima pagliacciata antifascista, rovesciando lo stivale in provincia di Lecce, su www.leccecronaca.it si legge tanto segue:

“Le disgrazie non vengono mai da sole, il Salento non solo viene deturpato, da interventi come la Tap, ma pezzo dopo pezzo viene sottratto ai salentini. L’intervento della magistratura sul “Lido” di Briatore ad Otranto è stato salutato con entusiasmo dai cittadini, che hanno ben compreso come strutture come quelle  penalizzano i cittadini del posto a cui sarebbe stato vietato, in un modo o nell’altro di poter fruire di quel tratto di costa.
Nessuno pensava che Briatore e company avrebbero innalzato delle palizzate per impedire l’accesso al mare agli otrantini, ma che ciò sarebbe avvenuto in modo “indolore” e gradualmente, alzando i prezzi di ombrelloni e servizi vari, in modo che fossero alla portata solo di ricchi turisti, con qualche giovanotto posto all’ingresso della struttura balneare, insomma utilizzando tutti quei mezzi tesi dissuadere i popolani indigeni che avessero avuto la “sfrontatezza” di continuare a frequentare il loro mare.
Tutto quanto perché la gentaglia del posto dedita a mangiare frise al pomodoro, con la loro presenza ed il loro sgradevole dialetto non contaminassero dei nababbi dalla erre francese, che pasteggia a champagne e aragosta.
Questo a Otranto.

Nella marina di Vernole invece le palizzate sono state innalzate, ed in tutta fretta anche.  I cittadini che da decenni si recano al mare utilizzando la spiaggia libera che si trova a fianco al Lido Buenaventura, da un giorno all’altro si sono imbattuti in una palizzata posta in modo da impedire il libero accesso al mare ai cittadini salentini.
Ma, andiamo per ordine.
La marina in questione la si incontra percorrendo la provinciale 366 S. Cataldo-Otranto, per giungere sul posto bisogna percorrere la strada che passa a fianco alla pineta delle Cesine, lì dove questa finisce troviamo la località  “Strada Bianca”, con lo stabilimento balneare l’Ultima Spiaggia  e subito dopo, poco prima della curva appare il Lido Buenaventura, nei pressi  del quale esiste un grande slargo circondato da alberi di pino, utilizzato come parcheggio dai cittadini che vogliono passare la giornata al mare sulla spiaggia libera.
Da sempre i cittadini parcheggiano in questo spazio adiacente la strada, superano le dune di sabbia e sono sulla spiaggia, piantano il loro ombrellone e poi subito un bagno per  rinfrescarsi nelle acque dell’ Adriatico.
Lo scorso anno  la pineta che era al di là della strada, è stata resa inagibile con paletti e tanto di cartelli su cui scritto: “Proprietà privata”.

I cittadini sono rimasti un po’ perplessi, ma se quella era proprietà privata andava rispettata, e così è stato,  anche se non si comprende per quale motivo si deve negare ad un anziano di poter passare qualche ora al mare potendo godere della frescura della pineta, considerando che quegli alberi furono piantati dallo Stato, durante il ventennio fascista, quando quei terreni erano acquitrini, e la malaria regnava sovrana.  Le famose bonifiche, un’opera immensa, grazie alle quali oggi possiamo godere di bellezze naturali come le Cesine, che sono veri e propri gioielli del Salento.
Quindi quella pineta esiste perché delle piante furono messe a dimora grazie ai soldi dei contribuenti e su suolo demaniale.
Il Fascismo è vero che diede le terre bonificate ai contadini per farle coltivare, ma non certo le pinete a qualcuno che ci potesse speculare, ma è trascorso tanto tempo, e così oggi ai salentini viene negato l’accesso a questi terreni per farne godere la bellezza ai turisti ospiti di questo o di quel lussuoso residence.

Per cui sarebbe interessante capire come dei privati siano entrati in possesso di beni che erano della comunità.

Quest’anno la prima amara sorpresa è stata quando andando al “nostro mare”, i cittadini hanno dovuto prendere atto che la spiaggia libera si era ridotta notevolmente. Infatti mentre negli scorsi anni la spiaggia era occupata solo da un lato dagli ombrelloni del lido Buenaventura, dal quale comunque anche coloro che erano sulla spiaggia libera potevano usufruire, servizio bar e cucina all’aperto, ora, altre centinaia di ombrelloni erano stati disposti sul lato opposto, e solo un pezzetto di spiaggia occluso tra i due lidi era a disposizione dei cittadini salentini.
E va bene, siamo stati privati della pineta, poi della spiaggia, “va be ci resta il mare” hanno pensato, ed invece no.
Tutta l’area che porta al mare,  è stata circondata da una palizzata su cui campeggiano i soliti cartelli che indicano che la proprietà è di un privato.
Non riusciamo a capire come le dune di sabbia possano essere private, e come è possibile che venga negato il passaggio ai cittadini che vogliono raggiungere quel pezzo di spiaggia che è ancora libera.
Incuriositi abbiamo cercato di capire chi è il responsabile di questi continui cambiamenti, tesi a togliere la possibilità ai salentini di fruire delle loro bellezze naturali a favore di turisti paganti.

Una prima ricognizione l’abbiamo fatta percorrendo le larghe strade “costruite” all’interno della pineta, e così abbiamo notato il taglio di alcuni alberi, oltre che all’eliminazione della macchia mediterranea, e dopo venti minuti di camminata non siamo riusciti a giungere a questo resort che i segnali indicavano.
Per cui siamo tornati all’auto è percorrendo una stradina laterale la provinciale che da Vanze porta al mare, siamo giunti in aperta campagna dove è stato costruito un intero villaggio, il Resort Le Cesine.
Nei prossimi giorni contiamo di poter aver delucidazione dal sindaco di Vernole, intanto vorremmo sapere se è stata la Guardia Forestale a consentire il taglio di alberi ultraottantenni che erano presenti sia al bordo della strada provinciale, sia all’interno della pineta,  e se sì con quale motivazione.

Il problema dopo settanta e passa anni, in Italia resta ancora il fascismo forse perché dopo, sono arrivato i barzellettieri e gli speculatori di tutte le specie.

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