Anpi. L’odio si trasferisce da Savona a Milano e viaggia sulla Freccia Rossa

Non c’e’ solo la drammatica storia di Giuseppina Ghersi nell’atroce periodo a cavallo fra la caduta del regime Fascista, l’insediamento del governo Badoglio, la nascita della Repubblica Sociale, la guerra civile e la persecuzione degli italiani che si e’ protratta ben oltre la proclamazione della Repubblica italiana.

C’è Maria Laura Bellini, un’altra delle tante giovani innocenti massacrate dai partigiani comunisti nel Biellese per avere reagito disperatamente al tentativo di essere prelevata da alcuni partigiani. Le donne assassinate dai comunisti nel Biellese furono almeno 150.

C’e’ l’atroce violenza sul giovane Rolando Rivi, seminarista che il 10 aprile 1945 fu rapito da un gruppo di partigiani comunisti che costrinsero il ragazzo quattordicenne a seguirli nella boscaglia. Ai genitori fu lasciato un bigliettino con scritto “Non cercatelo. Viene un attimo con noi partigiani, ne ritrovarono la salma che presentava il volto coperto di lividi, il corpo martoriato e le due ferite mortali, una alla tempia sinistra e l’altra all’altezza del cuore. E’ ancora in corso il lungo e lento processo di beatificazione.

E poi Giuseppina Ghersi, una bambina di appena 13 anni, la famiglia Ghersi, che viveva a Savona e gestiva un negozio di ortofrutticola, non era neppure iscritta al Partito Fascista. Studentessa delle magistrali alla “Rossello” fu premiata direttamente da Mussolini per aver svolto con merito un concorso a tema. Questa la sua condanna.

La mattina del 25 aprile 1945, Giuseppina fu sequestrata in viale Dante Alighieri, da tre partigiani comunisti, e portata nei locali della Scuola Media “GuidoBono” a Legino, adibito a Campo di Concentramento per i Fascisti. Le tagliarono i capelli e le cosparsero la testa di vernice rossa. Fu pestata a sangue e seviziata per giorni, tutto questo sotto lo sguardo impietrito dei genitori, anche loro deportati e imprigionati. Il pomeriggio del 27 Aprile 1945 madre e figlia vengono malmenate e stuprate mentre il padre, bloccato da cinque uomini, è costretto ad assistere al macabro spettacolo percosso dal calcio di un fucile su schiena e testa. Per tutta la durata della scena gli aguzzini chiedono al padre di rivelare dove avesse nascosto altro denaro e oggetti preziosi.
Giuseppina cade probabilmente in stato comatoso perché, come riferisce l’esposto al Procuratore, “non aveva più la forza di chiamare suo papà”.
Verso sera inizia a piovere e le belve, stanche di soddisfare i propri istinti, conducono Giovanni e Laura Ghersi presso il Comando Partigiano di Via Niella dove viene chiaramente detto che a loro carico non è emerso nulla. Nonostante ciò i partigiani li rinchiudono nel carcere Sant’Agostino. La bambina implorava i suoi aguzzini di avere pieta’ e chiamava i genitori. Testimonianze riportano le frasi di schierno dei partigiani che mentre la violentavano gridavano: “Giuseppina chiama la mamma”.

Per avere il diritto di rivendicare la menoria ed il ricordo, attraverso un riconoscimento ufficiale ed una cerimonia, bisogna attendere decenni.

Sembra aprirsi qualche spiraglio di speranza nel 2005. E’ il primo anno del ricordo per i martiri delle Foibe e, timidamente, nel 2008 alcuni iniziano a chiedere alla locale sede de La Stampa di Savona la possibilità di parlare finalmente di Giuseppina Ghersi. Il Consigliere di Circoscrizione Vito Cafueri chiede, senza successo, che la piccola ottenga una targa in sua memoria nel quartiere Fornaci.

L ’11 febbraio 2010 quando La Stampa concede un piccolo ritaglio alla notizia dell’interpellanza del Consigliere Comunale Alfredo Remigio che, in sostegno all’iniziativa lanciata dai Ragazzi del Manfrei, chiede che sia “intitolato uno spazio pubblico o, quantomeno, istituito un Giorno del Ricordo in memoria di Giuseppina Ghersi”. Il Comune di Savona respinge la richiesta e in tutta Italia, via internet, sorgono gruppi spontanei in sostegno alla memoria di Giuseppina Ghersi. i Settori dell’estrema sinistra insorgono su vari siti e blog.

Il 2017 pare che sia l’anno destinato a rompere il muro di gomma rosso della vigliaccheria partigiana, del sangue e della memoria negata.

Scrive l’Ansa: “fa discutere a Noli l’iniziativa di un consigliere comunale di centrodestra di ricordare una ragazzina violentata e uccisa dai partigiani con una targa nella piazza dedicata ai fratelli Rosselli. A proporre la targa, che sarà inaugurata il 30 settembre, Enrico Pollero, di centrodestra e con un padre partigiano”.
Dice Pollero: “Dopo aver letto la storia di Giuseppina ho pensato che bisognava fare qualcosa per ricordare una bambina di 13 anni uccisa senza motivo”. Pollero punta ad una “vera riappacificazione” sostenuto dal sindaco della cittadina del ponente ligure, medaglia d’oro della resistenza.

Malgrado il tempo abbia fatto il suo corso, l’Anpi – associazione partigiani è insorta.

“Siamo assolutamente contrari. Giuseppina Ghersi era una fascista. Protesteremo col Comune e la prefettura” dice Samuele Rago, presidente provinciale dell’Anpi. “Eravamo alla fine della guerra, è ovvio che ci fossero condizioni che oggi possono sembrare incomprensibili”, sostiene.

Affermazioni squallide e vergognose, quelle riprese dall’Ansa del partigiano savonese, cariche di odio e di veleno. Di difesa ad oltranza di un patto che lega questi uomini nel tempo: il negazionismo e l’omerta’.

ULTIMO COMUNICATO DELL’ANPI DI SAVONA IN MERITO AL PROGETTO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI NOLI DI ERIGERE UN CIPPO IN MEMORIA DELLA MILITE DELLE BRIGATE NERE GIUSEPPINA GHERSI:”Polemiche, che riteniamo pretestuose e che ci hanno attribuito opinioni mai espresse, sono state sollevate sulla contrarietà che abbiamo manifestato circa la volontà dell’Amministrazione Comunale di Noli (SV) di erigere una Lapide in memoria di Giuseppina Ghersi.
Non intendiamo alimentare ulteriori polemiche, ma solo ribadire ciò che abbiamo effettivamente detto, per concludere una diatriba ormai chiaramente strumentale.
La nostra contrarietà non ha nulla a che vedere con l’atrocità compiuta, nel 1945, nei confronti della ragazza, violata e uccisa da alcuni partigiani: atrocità che non abbiamo mai giustificato, e che invece condanniamo senza riserve.
Rammentare che la Ghersi era organica alle Brigate Nere serve solo a chiarire la verità storica e a ricordare come il Fascismo coinvolse tante e tanti giovani nel dramma del totalitarismo e della guerra: questa è la prima violenza subita da ragazze come Giuseppina Ghersi, senza che ciò comunque giustifichi – lo ripetiamo – la sua fine.
Perciò, se qualcuno vuole fare davvero qualcosa per la sua memoria dovrebbe vigilare ed agire per impedire che il fascismo risollevi la testa, come invece sta accadendo in questi tempi in cui organizzazioni neofasciste e razziste operano seminando ancora odio in Italia ed in Europa”.

Afferma Giovanni De Luca, Presidente del Consiglio Comunale di Novoli (Le): “quando la toppa è peggiore dello strappo. Partigiani mistificatori, pretestuosi, bugiardi e provocatori. Il giorno in cui impareranno a fare silenzio e rispettare gli errori con la deriva disumana dei protagonisti di tanta barbarie, da qualunque parte protratta, arriverà il giorno in cui potremo fare i conti con la storia ed immaginare un futuro migliore”.

A Savona passa la linea di pacificazione imposta perche’ voluta e sostenuta dalla Destra Nazionale. Ma l’odio si trasferisce da Savona Milano e viaggia sulla Freccia Rossa.

L’Anpi accende un focolaio di odio ed un rigurgito di polemiche e si scaglia contro la proposta avanzata dall’Assessore Carmela Rozza di portare, per ragioni di “umana pietà”, in occasione del prossimo 2 novembre, corone di fiori sia al Campo della Gloria (dove sono sepolte le spoglie di più di 3.500 caduti della lotta di Liberazione), sia al Campo 10 dove giaccionio i caduti della Repubblica Sociale Italiana.

Dichiara il Presidente dell’Associazione Culturale “Prospettive Future” Giovanni De Luca: saro’ molto rispettoso della memoria di tutti i morti, di tutti i fronti e senza arrogarmi il diritto del giudizio sulle ragioni ne’ dei vinti, ne’ dei vincitori. Usero’ le parole di un giornalista che non e’ della nostra area politica, Marco Brando che ha scritto: “Purtroppo oggi l’Anpi è diretta, soprattutto a livello locale, da persone nate dopo la guerra, visto che il più giovane dei partigiani ormai ha novant’anni. E questo spiega anche certe uscite a dir poco infelici. Tuttavia mi permetto qualche suggerimento: se fossi nell’Anpi, chiederei scusa anche alle donne, visto che lo stupro è stato ancora una volta lo sfregio ulteriore che esse “devono” pagare di fronte all’altare del maschilismo: quello che all’epoca, così come oggi (basti pensare ai tanti femminicidi italiani, agli stupri dell’Isis e via elencando) spinge i maschi a considerare la persona di sesso femminile un essere da profanare oltre che da uccidere”.

“Bene – aggiunge De Luca – io oggi intravedo in alcuni atteggiamenti di questa associazione prese di posizione pericolose, dichiarazioni che spesso sembrano somigliare a vere istigazioni all’odio sociale ed alla discriminazione pilitica. Processi di decadenza. Sentimenti attuali ben lontani dai valori fondanti della Costituzione e quindi l’Anpi, non potrebbe piu’ essere portatrice dei valori di liberta’ e di giustizia – anche sociale, dei quali valori noi oggi rappresentiamo invece l’unica vera ed indiscutibile alternativa. Ne siamo i fieri difensori”.

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