Che pesantezza la caponata di Buttafuoco

di Giovanni De Luca

Ed invece si!  Nella Città che fu dei Cesari dove ogni pietra racconta una storia, una via a Giorgio Almirante serve. Ebbene si! Nella Città che fu di Mussolini dove il Duce ridiede un Impero alla Patria, una via completa. Ebbene sì! Nella “Città eterna” per chi è riuscito a riempire le piazze di orgoglio nazionale, di riscatto italiano, di amore, una  Via Giorgio Almirante è opportuna.

Tempo fa proprio il Comune di Roma ha predisposto un apposito ufficio dove studiare come intitolare le strade e cosa scrivere sulle incisioni marmoree. E’ la toponomastica, spesso, a dare il senso del luogo e Roma ha il dovere di omaggiare uno dei migliori italiani affinché il viandante ricordi, si incuriosisca, chieda. Si ha il dovere di omaggiare l’uomo – più che il politico –  stante la discriminazione subita per le proprie idee, la persecuzione a danno del “popolo dei vinti”. Una via per l’uomo che ha condotto in una traversata verso l’arco Costituzionale, degli esuli in Patria. Una via per la difesa delle minoranze. Almirante è stato molto di più di quello che l’attualità ricorda.  Nell’opinione  favorevole ed in quella dei contrari.

Per fare la negazione dei negazionisti,  non ci sono motivazioni che reggano.

Non regge la teoria “buttafuochiana” sul blasone dei vinti sporcato dalla miseria dei vincitori, né quella sul poetico saluto romano di Ezra Pound stampato nelle cartoline della storia, tanto meno il beffardo saluto di Walter Chiari che quasi nessuno ricorda, anche  perché senza teatri intestati, senza strade intestate e senza teatro al quale ci si dovrebbe dedicare quando si è attori, non si tiene viva la memoria. Essa rischia il tramonto e l’oblio.

Sarà capitato ai più di transitare in auto con dei passeggeri bambini. A nessun padre è mai risultato facile eludere la curiosa richiesta del figlioletto, quasi da sentirne la voce:  VIA AL-MI-RAN-TE papà, chi é Almirante?” Risulterebbe difficile persino ad un padre intriso di quel “ripugnante automatismo della religione antifascista” – che pare quasi incutere in Buttafuoco una sorta non tanto di sudditanza, quanto di soggezione ideologica –  rispondere: “una persona che ha fatto tanto male, figlio mio” senza che a quel figlio riuscisse difficile comprendere come, ad una persona che ha fatto tanto male, venga dedicata una strada. Soprattutto confinante con Via Berlinguer, o ironia della sorte con Via Togliatti. Tralasciamo Stalin, Lenin, Nino Bixio e chi più ne ha più ne metta.

Se affascina il detto:  “la vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi” è meglio imbattersi in Via Almirante, che in un mezzo busto inquietante sugli altarini delle nostre abitudini, sugli scaffali impolverati delle nostre librerie.

A Pietrangelo Buttafuoco invece dedicheremo un “dosso” (magari in Via Almirante) utile per fare un flato a causa della sua ennesima caponata indigesta. Ogni volta che Fratelli d’Italia avanza una proposta politica,  ora anche a sfondo celebrativo, all’illustre intellettuale scivola di mano il condimento del suo piatto del giorno. Pesantezza.

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