Destra non è una parola, ma Idea.

di Antonio Mazzotta
Nel Maggio 1988, prima Pino Romualdi e poi Giorgio Almirante lasciano il mondo terreno  portando con sé il sogno di una destra sdoganata e oggi priva di soggetti carismatici di pari lignaggio. Entrambi fondatori dell’Msi nel dicembre 1946 lo avevano guidato, sia pure con alterne fortune, consegnandolo nella mani del giovane segretario Gianfranco Fini; ambedue consapevoli che il momento di liberare la destra missina dalle residue scorie del nostalgismo, fosse arrivato.
Emergeva l’esigenza di eradicare la destra italiana da un terreno di protesta e proiettarlo su una piattaforma di proposta in uno scenario fatto di onesto confronto e di dialettica con soggetti politici nuovi, emergenti contemporaneamente ad AN, che maturavano la stessa consapevolezza e lo stesso
convincimento di un necessario rinnovamento delle Istituzioni.
I due missini erano troppo avanti! Pochi lo avevano compreso. E solo il tempo avrebbe dato loro
ragione. Un pensiero geniale, quello almirantiano e romualdiano che si lanciava verso le sfide che la
politica del millennio a venire proponeva.
Ma cosa resta oggi del sogno “missino”?
Poco o nulla.
Fagocitata dal pensiero e dal modus operandi del caimano, quella spinta innovativa
proposta dal duo missino ha finito per schiantarsi contro il muro della villa di Arcore. E c’è ancora
chi dice che non si può fare a meno di Berlusconi!
Cosa c’è a destra?
Nulla o poco più.
È rimasto il vuoto, difficile da colmare. Un vuoto il cui perimetro è segnato da quella corda chiamata centrodestra che più che un progetto politico, assume sempre più, le sembianze di un aggregato politico; sempre meno aggregato e soprattutto sempre meno politico. E come tutte le corde prima o poi stringe il cerchio fino a quasi soffocare chi vi resta dentro. È mancata la coerenza. Sono mancati i capi carismatici che hanno presto svenduto al migliore offerente i loro caratteri distintivi di destra interventista ideale e culturale; il solito ex- cavaliere che ha saputo ridurre in sudditanza chi, da sempre, di essere suddito di qualcuno proprio non ne voleva sentire parlare.
Chi aveva dato vita ad Alleanza nazionale, un movimento con le carte in regola per guidare il Paese,
mettendo le idee a posto, pur senza rinnegare i principi ed i valori fondanti la sua presenza nel panorama politico italiano, aveva miseramente fallito. Tutti a vario grado e titolo responsabili della disfatta, a cominciare da coloro che hanno appoggiato la fusione con Forza Italia, senza prevederne le naturali conseguenze.
Quindi è persa ogni speranza?
A mio avviso no!
C’è un grande desiderio di destra nel Paese; un sentimento diffuso di persone che attendono solo di convogliare questo loro sentire in un soggetto politico che sia di proposta e non solo più di protesta.
Questo volevano Almirante e Romualdi e questo è quello che devono portare avanti coloro i quali ad essi si ispirano. Esiste ancora ed esisterà sempre una cultura di destra che, a differenza dei movimenti che vivacchiano e bivaccano sospinti da correnti e circostanze favorevoli, può segnare il passo e offrire contenuti e ricovero per tutti quelli che in quella cultura credono e ripongono speranza.
Auspico da sempre un confronto sereno tra le diverse anime che sono i frammenti, per non dire i frantumi, della destra originaria; una sorta di stati generali della destra che riorganizzi, dia vita, costruisca un contenitore politico e non solo un cartello elettorale, superando individualismi, personalismi, idiosincrasie varie, generando così la vera alternativa alla sinistra, al qualunquismo analfabeta pentastellato, al populismo demagogico dei leghisti.
E così dopo trent’anni la destra sa di esistere ma non ha un tetto comune. Senza destra la Democrazia va a farsi benedire.
Giorgio e Pino sono morti ma l’estinzione delle loro idee appare ancora molto lontana.
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