Eccola, la nostra Idea di Europa!

Oggi l’Europa è ammalata. Usiamo questa metafora alla ricerca della possibile cura perché siamo europeisti secondo la grande tradizione della cultura italiana e, al tempo stesso, nettamente “eurocritici” nei confronti dell’attuale unione economica.

Per la sua storia millenaria di civiltà l’Europa non può – non deve! – essere considerata solo un “mercato comune” per la libera circolazione di uomini, mezzi e servizi. Questa non può essere considerata né una valida Idea, nè un punto d’arrivo, un traguardo. Anzi, è  il fattore scatenante della crisi per il Vecchio Continente che scaturisce prorio dalla supremazia delle scienza e dell’economia sui valori “spirituali”.  Meri numeri, freddi calcoli, sono in contraddizione con la storia d’Europa che aveva fatto della riflessione qualitativa il suo punto di forza.

All’Europa economica va conferita una prospettiva che deve essere anche un fine ed un sentire “comune” che permea l’umanità nella ininterrotta continuità storica con le radici greco-romane e cristiane. Un modello propulsivo e creativo di sviluppo sostenibile capace, quindi, di coniugare memoria storica e specificità locali  con la modernità, giustizia sociale e progresso.

Mettiamo subito in guardia il lettore dal voler dare risposte immediate a questa crisi epocale che è fra le più acute. Con questo scritto ci avventuriamo in una analisi di lunga prospettiva  –  su questo presupposto ci dotiamo di un “arco e di una clava”, convinti, come siamo, che ci sono cose che possono essere “modificate” nelle nostre realtà quotidiane (e quindi occorrerà la clava per colpire a breve distanza) – ed altre di più lungo periodo e che non dipendono solo dalla nostra ed unica azione (e quindi l’arco, per colpire lontano).

Per centrare il nostro obiettivo ossia destare interesse intorno al nostro pensiero al di là dei nostrani, bisogna necessariamente inserirsi nel dibattito sovranazionale, schierarsi tra i due modelli, nella  visione bipolare che contrappone il modello nordico “fordista” a quello dell’Europa “meridia”.

Con questo si vuole evidenziare che al collaudato e vincente modello nord-europeo arrivato ai suoi limiti di sviluppo, si contrappongono con forza, modelli che guardano al Sud del vecchio continente e che sentiamo più vicini alla nostra visione.

La “crisi” dello Stato nazionale rappresentando la perdita di un universo monocentrico in una nuova prospettiva “policentrica”,  sfocia nella valorizzazione delle entità politiche sub-nazionali.  La risposta alla globalizzazione può nascere  nelle istanze di federalismo da più parti avanzate e nell’esigenza dell’adozione di una politica  di “piccoli Stati” e “micro-Patrie” federati.

In questo quadro si inserisce anche  il dibattito sull’architettura dello Stato Nazionale d’Europa. Guardiamo il mondo dalla nostra prospettiva che parte dal Sud. La grande industria, la trasformazione delle campagne, il sostegno pubblico avrebbero – nella visione ottimistica e lineare del dopoguerra – dovuto portare ad un saldo del divario Nord-Sud, in questa classica concezione “progressista-fordista” l’anello debole era rappresentato dai meridionali che si sarebbero “dovuti educare” alla civiltà industriale. La storia dimostra come la continua quanto vana rincorsa di standard europei non applicabili al sud, dimostra che i modelli da “asportare” sono falliti.

La nostra società si basa su forma di vita “lenta”, capace di contenere dentro la propria stessa misura, un modello di sviluppo dimensionale che non deve essere ridotto ad uno stadio di inferiorità,  o  messo in competizione con diversi territori anche per condizioni climatiche.

Quando si pensa che la storia dell’umanità può essere ricostruita sull’unico ingrediente evolutivo della tecnica, si è già persa qualsiasi autonomia di pensiero. Quando le diverse dinamiche dello sviluppo di altre culture diverse da quelle votate alla tecnica ed all’iall’industria,  vengono ridotte a quell’unica parola che è “arretratezza”  – associata sempre a oppressione e superstizione – il copione  è stato già scritto.

Nasce l’esigenza di riconsiderare sotto il profilo costituzionale, il riconoscimento di entità regionali che offrono molti vantaggi rispetto a quelle realtà macroscopiche che sono gli Stati nazionali e che non necessariamente, come apparentemente potrebbe sembrare, spingono nella direzione della frammentazione e della polverizzazione dell’unità europea o dell’unità nazionale.

Quanto più l’Europa si unifica, tanto più necessita del contrappeso di formazione di “piccole”, quanto più la “Patria” viene ricercata in un unità di dimensioni ridotte, tanto più l’Europa diventa la “casa comune con molte stanze”, quindi uno Stato Nazionale.

Per il Sud, quindi, vivere di identità, di peculiarità e di tradizioni locali, è la nuova sfida per dimostrare che dal più piccolo e “glocal”, si possono governare meccanismi di sviluppo che si autodeterminano e producono ricchezza.

L’obiettivo dell’Europa non deve essere quello di massificare e livellare le tradizioni dei popoli, ma deve essere una nazione forte fondata sul pluralisno, sulla cultura popolare e sulle tradizioni locali.

POLITICA ESTERA

Crediamo che l’Europa debba essere capace di esprimere una sua politica estera di difesa e di sicurezza, quindi deve avere proprie forze armate. Una forza militare estesa da Dublino agli Urali ed oltre, che si ponga come fattore di equilibrio / riequilibrio in un mondo che altrimenti rischia di diventare ingovernabile e socialmente devastato.  Non si ha bisogno di un “colosso” finanziario, un “nano” politico ed un “verme” militare che si fa imporre da altri tutte le scelte strategiche di fondo, anche quelle che disegnano per i prossimi decenni il futuro di aree per noi essenziali.  Si ha bisogno dell’Europa dei Popoli una volta fiera, orgogliosa delle “sue” radici, del “suo” passato e della “sua” storia – i trenta e più secoli, durante i quali ha espresso e costruito Imperi, Codici, Arti, e Cultura ed ha accumulato e stratificato Tradizione e tradizioni fra le più alte e complesse, di valore e “spessore”, una Europa culla dei “diritti e della giustizia sociale”.

Eccola, la nostra Idea di Europa!

 

 

 

 

 

 

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