C’è solo un’alleanza possibile che può portarci in alto, quella con il popolo. Quel filo diretto spezzato con i nostri interlocutori da privilegiare sembra non lo si voglia ripristinare.
La società sta’ cambiando, gli spazi di manovra elettorale paradossalmente si restringono. C’è una élite che cerca di tutelare i suoi privilegi e porta al seguito un insieme di interessi, giochi di potere, basati anche sul ricatto psicologico e sul sentimento della riconoscenza del popolino – e di vaste sacche di ignoranza diffusa che nel 2017 ancora persistono – verso il vertice. C’è un territorio al Nord che cerca di tutelare i suoi confini fiscali, il suo tenore di vita, quel benessere diffuso. Tutelando il lavoro si può dare una prospettiva di dignità nella libertà e l’immissione di manodopera extracomunitaria inflaziona il mercato del lavoro. Al Nord per stile di vita, ognuno pensa per sé e tutela il suo. Poi ci sono frange ancora ideologizzate, che si riconoscono nelle certezze storiche e nelle convinzioni alle quali si è stati abituati: La destra, la sinistra, il centro, i moderati, gli estremisti, i populisti, schemi mentali, piu che categorie. Ancora, giusto per completare il quadro, ci sono movimenti creati nel “laboratorio del sistema”, pensati per incanalare la rabbia sociale e imbrigliarla nella speranza. Ultimo quello spazio ampio di rinunciatari, disillusi, di apatici: il popolo dell’astensionismo che non ha più diritti e di conseguenza rinuncia ai propri doveri. Impercettibili ed inafferrabili.
La democrazia è in crisi. Questo tipo di democrazia, è in crisi.
Il sistema di rappresentanza basato sul voto per delega è sotto accusa, perché nel corso del tempo, il venir meno di precisi valori etici e morali, ha portato all’usurpazione dei poteri conferiti ai rappresentanti. I rappresentati hanno perso fiducia, senso critico, stimoli. Come dargli torto?
Questo è avvenuto a livello nazionale, come a livello locale. Si esce dalla crisi diffusa, secondo la nostra visione dell’impegno politico e secondo la concezione che conferiamo al valore della democrazia, solo in un modo: riscoprendo la nostra missione.
Noi crediamo nella democrazia “organica” e nella rappresentanza per funzioni. Secondo noi, non è una élite di privilegiati che deve rappresentare la guida di un popolo, ma quest’ultimo attraverso forme concrete e dirette di compartecipazione e cogestione alla vita della Nazione, si deve autodeterminare.
Quindi, le categorie produttive, sociali, culturali, in maniera complementare, solidale, sussidiaria e redistributista, concorrono al raggiungimento di più avanzati traguardi di benessere diffuso.
Il Salento è una terra difficile da rappresentare, lembo periferico ai confini del Sud Europa, penisola nella penisola, la grande industria ha illuso, fallito e disilluso. Il terziario ed il manifatturiero ha “sloggiato”, seguendo i processi della globalizzazione e della delocalizzazione. L’agricoltura è indietro sul versante della tecnologia applicata, con l’aggravante del progressivo abbandono del lavoro nei campi da parte delle giovani generazioni. Il turismo è una industria, fra l’altro l’unica e vera industria possibile al Sud, mortificata e sottovalutata.
La possibilità di riscatto, parte dal credere nelle nostre tesi che sono convinzioni, certezze.
La società non può e non deve più delegare.
Il nostro tessuto sociale, nei cento e passa campanili, realtà cittadine e paesane di piccole dimensioni è facilmente prenetrabile e “raggiungibile”. Basta solo dimostrare competenza, idee progettuali chiare, serietà e dare continuità al lavoro politico nel quotidiano.
Recentemente abbiamo scritto: “più piccola è la nostra rappresentanza nelle Istituzioni e nella guida politica del paese, più grandi sono le sofferenze del popolo italiano”.
Abbiamo dimenticato di dire a noi stessi, che quella fiducia bisogna sapersela meritare.