Che strano genere di islam. Adesso scappano sbeffeggiando anche il proprio martirio?

 

  • di Giovanni De Luca.

Ci sono due aspetti che non mi convincono in questo ennesimo attentato dove il martirio è solo nel sangue innocente di tante povere anime.

Vedere i corpi per terra fra i quali particolarmente colpiscono i bambini, frantumati e stritolati dalle braccia della morte e riversi sul selciato, rende ogni osservazione carica di sconforto e profondo dolore.

Ora i media  si sono resi conto che l’azione sconsiderata del singolo, magari depresso e la storiella del “lupo solitario”,  devono cedere il passo alla cellula di origine maghrebina della propaganda, che pianifica,  con strategia, l’individuazione della meta turistica simbolica (Sharm, Londra, Parigi, Bruxelles, Berlino, Barcellona) il luogo, l’orario. Ci sono assetti geopolitici di provenienza. C’è Ceuta  ad un tiro di schioppo da Gibilterra, altro corridoio naturale tra nord Africa ed Europa. Il collegamento fatto di folli rivendicazioni, di strascichi storici e che segnano idealmente quel mondo arabo che millenni fa’ guardava alla penisola iberica.

Ci sono quindi processi storici e processi politici che affondano le radici in un’ulteriore indicazione, centrando l’asse  Marocco – mondo dell’Africa, in cui la propaganda jihadista ha attecchito drammaticamente.

Qui da noi, ci sono le periferie ed i ghetti culturali dove per decenni si è covato odio nella discriminazione e sono cresciute quelle minoranze. Una volta rotti gli argini, annullati i confini e globalizzate le società, prendono forza con tutto il loro carico di recriminazioni nuovi rapporto di forza.

Queste culture e questi popoli sono in costante crescita numerica con un alto tasso di natalità, il “vecchio continente” segna il passo.

Le tensioni sociali sono ormai una polveriera, azioni rafforzate da una presenza massiccia di immigrati, rese esplosive e pericolose da una tenuta fallimentare delle società multirazziali e multiculturali.

Molte di queste persone – di queste comunità –  hanno alle spalle un vissuto e sono portatori di storie in antitesi con i luoghi e con la convivenza pacifica, con gli spazi che vogliono rideterminare. Rischiano di minare definitivamente i processi di integrazione che invece andrebbero tutelati e difesi. Lo Ius Soli  sarebbe la miccia corta definitiva.

Sono tanti i conti in sospeso che ora sembra sia giunto il momento di mettere in pari con la storia dunque.

Poi in tutta questa faccenda,  c’è una tesi che proprio non regge: quella del terrorismo religioso legata ai kamikaze  ed al martirio.

Kamikaze è un termine strappato inopportunamente alla mistica nipponica, attribuito erroneamente agli arabi,  Shahīd : شَهيد ‎, shahīd  e che significa “testimone della fede”.

Amaliyyāt al-istishādiyya, ovvero «operazioni di testimonianza», alberga nel cuore delle forze piu radicali, che ricordiamolo in molti Stati islamici o arabi, coincide anche con l’azione politica e militare tanto che ogni individuo, – uomo, donna o bambino-  può essere definito istishādi: persona votata a diventare eventualmente uno shahīd. Un impegno che può prefigurarsi talvolta come una “guerra doverosa”, ma non “Santa”. Il suicidio non è contemplato negli scritti del profeta Maometto (Dio lo abbia in gloria). Qui si impone una seria riflessione sul concetto di “martirio”. Martire è colui il quale, attraverso una azione eroica immola la propria vita (secondo la visione della piccola guerra, che si combatte contro il mondo esteriore) nel nome di qualcosa di sublime, di spirituale, di superiore (secondo la visione della grande guerra, che Egli combatte al suo interno ed in contrasto con se stesso).

Il dubbio consiste in questo: avete visto un kamikaze, scappare da un Tir  o da un furgone mezzo scassato, ridendo -come testimoni raccontano  – verso una meta incerta?

Avete mai visto “martiri” correre accoltellando a destra e manca, al grido di “Hallau Hakbar”, per finire la propria corsa soppressi come fuggiaschi o ammanettati come vili?

Sembra una barzelletta. Qualcosa non quadra. Comprese le cinque cinture esplosive false. Con quale immagine ci si presenterebbe di fronte a questo potente e “grande” Dio?

Si badi bene, questi uomini urlano “Hallau Akbar” – Dio è il più grande!

Da che mondo e mondo, nelle scritture anche per i musulmani, Dio è il più  “misericordioso”. Ma l’unità di misura ….

C’è molto da riflettere, da analizzare a freddo. Questo non è il momento. Sono tanti e troppi i sentimenti contrastanti che  non permettono altri ragionamenti che andranno affrontati. Ad esempio sulla cinica tecnica guerriera del colpire sempre civili e mai obiettivi politici, militari, religiosi. Escluso a New York, dove i “talebani” apparivano più attenti ai “particolari”.

Questa appare una lotta di classe, dove si colpiscono sempre i più deboli: i quartieri popolari, le manifestazioni al cospetto di ben altri obiettivi e di ben altri responsabili che anche noi riteniamo colpevoli.

Colpevoli sono coloro i quali hanno provocato mondi opposti alla nostra visione delle cose, di aver “esportato democrazia” a suon di bombe, sconcerto, mentre qui si evidenziano tutti i loro limiti, l’incapacità di tutelarci o di non volerci tutelare.

A pensarci bene, ritornando indietro con la mente, con il terrorismo in Italia abbiamo già avuto a che fare quando per  “destabilizzare l’ordine pubblico” si colpiva sempre nella massa con l’obiettivo -diranno poi alcune carte processuali-  di “stabilizzare e consolidare il potere politico”. Le tecniche non erano poi molto differenti.  C’era una matrice, c’erano i terroristi, c’era una motivazione, l’attentato, il tritolo.

Sembra che il copione sia sempre lo stesso. Cambiano attori e genere, ma la trama sembra la “loro”.

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