Il tracollo della sinistra fiera condottiera fra demagogia e diritti negati.

“Vedete il bello in questa foto, ma ci buttate via come una scarpa vecchia. Tocca, senti vestiti ancora bagnati”
Queste sono le prime parole della donna che appare nella foto mentre le lacrime si mescolano all’acqua degli idranti. Jenet è “la foto simbolo” della rivolta susseguirsi allo sgombero del Palazzo di Via Curtatone a Roma. Poi in seconda battuta la curiosità per quel gesto mette in evidenza la donna eritrea di 40 anni che per meglio rendere in italiano il suo sentimento si rivolge a Tareke Brhane, mediatore culturale eritreo accorso a Roma per supportare i rifugiati “in questo momento così drammatico per loro” –  dice quest’ultimo.

Jenet sostiene “di essere arrabbiata per il modo in cui lei e gli altri, in gran parte rifugiati che vivevano nel palazzo di via Curtatone sono stati cacciati via”. Poi rivendica il diritto alla dignità, si sente buttata via come una scarpa vecchia, pretende un trattamento pari a quello che da oltre un secolo viene riservato agli italiani in Eritrea. “Avevano detto che ci sono delle strutture, ma i posti sono insufficienti, non sono soluzioni” – dice.  La trattativa – spiega il mediatore – si era interrotta con la promessa che sarebbe ripresa stamane. Abbiamo visto stamattina com’è ripresa, a colpi di idrante”. Poi Jenet piange e nel più completo sconforto per la prospettiva, afferma che non sa dove andare.

Non urla e non inveisce, non è né una terrorista né una fanatica, nella assoluta dignità Jenet è niente più niente meno, una vittima di quest’epoca. La sua è, niente più, niente meno, appunto, una storia di sfratto coercitivo come tanti ne avvengono a danno degli italiani. Che si somma, a quello di tanti italiani, andando ad alimentare il fuoco dell’esasperazione, dell’intolleranza, del razzismo e dell’egoismo. Sentimenti che ormai stanno prevalendo sulla storia e sui tratti caratteristici che hanno sempre contraddistinto la nostra Patria, un tempo terra di diritto e culla di civiltà.

Proprio Roma!

Questo avviene, proprio a Roma!

Città eterna con il suo carico simbolico che si impone sulla storia dei popoli, piegata da fatti deplorevoli e inaccettabili che respingiamo ed ai quali non dobbiamo e non vogliamo rassegnarci, perché quando affermavamo che non si può contenere in uno Stato piccolo e fragile come l’Italia  un intero continente africano, avevamo ancora una volta ragione.

Siamo schiacciati dalle accuse di intolleranza e razzismo in una Italia posta fra l’incudine di una Europa intenta come è, a macinare numeri e contare squallidi danari nella totale mancanza di un comune sentire, privata di sentimenti di complementarietà, sussidiarieta’ e solidarietà,  insieme di stati svuotati di un’anima politica –  ed il martello, un’Africa che spinge, che incalza, che rivendica il diritto ad un domani migliore.

Una pretesa avanzata proprio qui, in Italia Ponte ponte sul Mediterraneo e frontiera di quell’ Occidente che ha depauperato quei popoli e quelle terre. Un tempo erano ricche di materie prime e diritti, oggi terre e popoli condannati ad una situazione di sottosviluppo, di morte lenta e fatta anche di stenti, di malattie  alla cui condizione quegli uomini e quelle donne in preda alla disperazione  si ribellano aggrappati a qualsiasi disperata opportunità, pur di sfuggire alla morte.

Sì, dunque, alla prima accoglienza. Che non è retorica cristiana, né indirizzo politico degli investimenti che questa Chiesa cattolica nel momento più basso della sua missione secolare propugna. È gesto naturale di fratellanza fra i popoli in quanto abitanti –  tutti ed a pari titolo, dello stesso pianeta.

No,  invece, ad una accoglienza imposta da logiche di business, mercificazione derivante dalla disperazione altrui, strumenti inconsapevoli degli interessi delle lobby del profitto, della finanza e delle multinazionali al servizio del Nuovo Ordine Mondiale che si consolida nel controllo planetario e fonda le sue fortune -anche parte dei suoi obiettivi- su nuove forme di “schiavismo del terzo millennio”.

Inutile entrare nel gioco delle polemiche di basso livello per gli ultimi fatti di Roma. Ultimi in ordine di tempo.

A fronte di una crisi e di una emergenza epocale, di portata globale,  è in ballo una visione del mondo e del prosieguo del suo sviluppo tale da porre la matrice della disfatta in capo all’Europa, alle sinistre progressiste alleate con i partiti popolari e liberali, e con lo Stato Vaticano che guarda agli ultimi non in termini spirituali bensì in termini politici.

Per mano delle sinistre di tutte le provenienze e di tutte le espressioni, i diritti umani periscono sotto i colpi inferti ai principi basilari dell’individuo – che,  ricordiamolo –  si basano sull’emancipazione economica, sociale e culturale già nei paesi di origine, nel processo di sviluppo armonico ed in perfetto equilibrio nel pieno rispetto della dignità di ogni essere vivente, ovunque.

Il destino dei popoli non è nell’immigrazione indotta, nelle fughe di massa, nelle guerre e nelle richieste di “asilo politico”. Non è nella mescolanza forzata di uomini e donne, di religioni, di etnie, nell’annientamento degli usi e costumi dei popoli, ossia in quelle leggi del diritto non scritto, il destino del mondo. Non che non si cerchi di sovvertire l’ordine giuridico e la visione classica anche nei loro postulati dottrinali scritti perché è in atto, in tutta evidenza, un processo politico mirato a legittimazione il Kaos, livellare la massa, renderla informe e determinare in maniera vincente un progetto diabolico e demoniaco.

Sotto questo profilo, quel tipo di sinistra (non da meno la destra liberale) appare oggi un fiera condottiera fra demagogia e diritti negati.

In quella piazza a Roma, vanno assolti i poliziotti in prima linea, uomini e donne contrapposti ad altri uomini e donne.

A guerriglia finita un uomo si leva il casco ed accarezza il volto di una donna. Altri aiutano gli anziani nelle prime cure, l’uguaglianza e la solidarietà sono valori inalienabili che nessun governo del mondo riuscirà mai a livellare, perché fanno parte naturale di coloro i quali appartenenti alla forze del bene.

Ma cosa ne sanno le sinistre?

Per tornare agli scontri,  è la politica della sinistra al governo che genera miseria economica e razzismo culturale.

Sono incapaci, hanno retaggi culturali del ’68, favoriscono lo scontro, di classe ieri, etnico oggi.

La sinistra è un prodotto da leggere nei libri di storia come esempio di desolazione, morte e distruzione ovunque si sia manifestata nel mondo.

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