Una residuale rappresentanza di “vigliacchi” comunisti!

Editoriale di Giovanni De Luca

Sono entrato in redazione nel primo pomeriggio di oggi ed ho trovato don Bastiano al lavoro per la rubrica de “Lo strumbolo di Napulione“, intento a dettare ad uno “scribacchino”  invettive contro “il Manifesto“, giornale comunista da sempre a noi inviso che nei giorni scorsi titolava: “E COSI’ FIAT”. Svolta improvvisa in . Sergio è in fin di vita. Ha tolto diritti ai lavoratori e ha portato il gruppo dell’auto via dal Paese. Gli convocano il cda per la successione. Tocca al braccio destro

Ho dovuto faticare e non poco, per non urtare la suscettibilità di don Bastiano nel farlo desistere, facendogli capire, per quanto possibile, che Sua Santità non avrebbe gradito quel coacervo di parolacce inflitte ai giornalisti del “il Manifesto” e mai avrebbe concesso la grazia, per la pubblicazione. Mi ha chiesto se avessi le possibilità d’ intercedere al posto del “Signor Marchese” presso il Papa ed a fronte di una sua desistenza per la tanto auspicata assoluzione gli ho dovuto mentire, promettendoli che lo avrei fatto, ma nel frattempo di continuare ad impartirsela da solo.

Meglio stemperare con questo “attacco” fantasioso e placare quell’insieme di sentimenti di disgusto per un titolo che gioca con le parole “e così Fiat“, il sommario già riportato, ed una foto di Sergio Marchionne con il capo chino.

Non è certo la prima volta che i comunisti de “il Manifesto”, manifestano – mi sia consentito questo gioco di parole – tutta la loro disumanità in linea con la storia che rappresentano. Questa volta lo fanno mancando di rispetto ad una “persona” nel momento massimo di sofferenza”.

Non ci lascia indifferenti!  Non lascia indifferenti coloro che portano in animo la “pietas” cristiana ed  ecco  – cari lettori – quando scriviamo e sosteniamo che “comunismo” e “cristianesimo” non possono andare di pari passo, a tutto svantaggio di coloro i quali invece, per opportunismo o opportunità tali si professano. Ed è bene generalizzare malgrado Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista Italiano affermi: “Mio padre era un operaio delle Carrozzerie di Mirafiori, morì di cancro a 62 anni. La morte di mio padre, così come lo stato di salute di Sergio Marchionne, sono fatti privati. Le vicende private non si commentano”. Coscienza individuale che non cambia la storia.

Due nostri avversari tradizionali, “il Manifesto” con la sua redazione da un lato, il simbolo del capitalismo radical chic,  Marchionne dall’altro e poi noi, con la nostra Terza Via e queste nostre riflessioni.

ll padre di Marchionne, Concezio, fu un maresciallo dei Carabinieri negli anni trenta in Istria  e vi prestò servizio fino al termine della seconda guerra mondiale quando parte delle nostre terre furono tradite da Palmiro Togliatti e cedute alla Jugoslavia di Tito tanto cari al “il Manifesto“.  Qui conobbe la futura moglie, Maria Zuccon, veneto-istriana, che negli anni della guerra fu colpita da due tragici lutti, nel settembre del 1943 il nonno di Sergio, Giacomo Zuccon fu sequestrato e gettato in una Foiba da partigiani titini, alcune settimane dopo, anche lo zio Giuseppe, fratello della madre, messosi alla ricerca del padre di cui non si avevano più notizie, cadde in un rastrellamento dei militari tedeschi che, scambiandolo per un partigiano o disertore, lo passarono per le armi. La vita di Sergio non si interseca solo con fatti a noi cari, probabilmente motivo di ulteriore accanimento da parte dei comunisti de “il Manifesto”. E’ anche storia di emigrazione. A 14 anni la sua famiglia si spostò emigrando in Canada. Una serie di progressi negli studi, laurea, master e avanzamenti di carriera, portano poi un giovane figlio di emigranti italiani al vertice del gruppo industriale più importante d’Italia.

Sergio decide di investire le sue professionalità e lo fa nel momento più basso per il colosso Industriale dell’automobilismo italiano. La FIAT è in ginocchio. Durante la sua amministrazione il gruppo lancia nuovi modelli, tra cui l’Alfa 159, la Fiat Nuova 500, la Grande Punto, l’auto più venduta in Italia nel 2006 e nel 2007.  Il titolo FIAT è passato da un minimo prossimo ai € 4 del 2005 ai € 23 del luglio 2007, per declinare poi a € 13 (comprensivo anche dello spin-off delle attività industriali, conferite in Fiat Induistrai Spa), e scendere a 3,944 € nell’aprile 2012.

C’è un merito? C’è un merito.

C’è una intelligenza al servizio del grande capitale, della finanza e dei nostri avversari: quel liberal capitalismo che tanto vituperiamo con tutte le nostre forze, al servizio del simbolo economico-finanziario  italiano per eccellenza che delocalizza e crea disoccupazione, prende i sussidi statali, ripartisce le perdite ed incassa gli utili, portandoli fuori nazione. Marchionne è stato criticato perché non versava  le tasse in Italia. Nel 2012 è risultato essere il manager più pagato  tra le società italiane allora quotate in Piazza Affari, (come A.D. di Fiat S.p.A. e Presidente di Fiat Industrial) con compensi monetari per 7,4 milioni di euro e azioni gratuite («stock grant») assegnate all’inizio del 2012 in base al piano di incentivazione 2009-2011, che il giorno dell’assegnazione valevano 40,7 milioni.

Un impero. Un uomo. Oggi Sergio Marchionne è ricoverato in terapia intensiva e le sue condizioni sono irreversibili. Quando Il 26 settembre 1980 Berlinguer tenne un grande comizio contro il licenziamento di 14.000 operai, in piazza c’erano migliaia di operai. C’erano anche molti operai iscritti al Msi. Ma che c’entra tutto questo con un uomo che figlio di carabiniere perseguitato, con due parenti massacrati dai comunisti e dai nazisti, emigrato, che prende 3 lauree e diventa un supermanager mondiale? 


Marchionne era  e resta  uno delle migliori menti al servizio dei nostri più forti avversari. Di fronte a chi fa bene il suo lavoro, nel momento della dipartita terrena noi ci inchiniamo, ed al massimo – riflettiamo.

Riflettiamo sul perché Marchionne ha svolto il compito di A.D. per la Fiat e non quello di Ministro dell’ Economia dei tanti governi di centro destra e di centro sinistra – compreso questo grigio-verde   – assumendolo per fare gli interessi della nazione!

Mentre Marchionne faceva gli interessi del suo gruppo imprenditoriale, industriale e finanziario, la Nazione periva sotto i colpi di Padoa schippa, Tremonti, Monti, Grilli, Saccomanni, Padoan, Tria!

Sergio Marchionne può essere  “simpatico” o “antipatico”,  ma è riuscito a trasformare un CARROZZONE sull’orlo del fallimento, nella settima marca automobilistica al mondo!

Qualcuno ha scritto: “l’italiano mediocre davanti a Marchionne ha la stessa reazione che ha ogni giorno davanti a persone di talento. Invidia”, la risposta di un operaio è stata: “bene, vada a dire agli operai delle fabbriche FCA che sono invidiosi di un manager a 45 milioni l’anno oltre ai benefit, ci vada di persona però”.

Questa risposta non regge.
Se Marchionne non si fosse adattato alle logiche della finanza e del mercato, quel gruppo oggi non sarebbe la settima marca di auto al mondo! Ma ci spingiamo oltre: senza Marchionne, gli operai nel comparto automobilistico in Italia sarebbero giù nei libri di storia, con buona pace del Partito Comunista Italiano, de “Il Manifesto” e di tutte le bandiere rosse che ne hanno sempre ostentato la difesa – accordati sottobanco con gli industriali –  costruendo sulla pelle dei lavori carriere certe. Le loro e quelle dei sindacalisti della triplice, CGIL, CISL e Uil puntualmente eletti deputati nei partiti della sinistra. Ci fermiamo qui.
Il tracollo della classe media in Italia, la sconfitta del proletariato scivolato per grossa parte dal lato della forbice delle nuove povertà, la crisi del mondo operaio è solo colpa delle politiche di Governo attuate dal 1945 oggi. “Se” solo si fossero attuati gli articoli della seconda parte della Costituzione, che non interessavano alla classe politica italiana alleata con la triplice sindacale, “se” si fossero applicati in Italia gli articoli 45 e 46 dove: “ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende” – e di conseguenza alla ripartizione degli utili aggiungiamo noi – avremmo messo fuori gioco i Sindacati ed i “boiardi” di Stato. Non si porrebbe – quindi – la legittima questione addotta dall’operaio sulla retribuzione di un manager a 45 milioni l’anno oltre ai benefit a fronte dei licenziamenti degli operai.
La paga degli operai con l’attuazione degli art 45 e 46 della Costituzione sarebbe cresciuta in maniera proporzionale alla paga del manager.
Con i “se” e con i “ma” non si fa la storia. O non si riscrive. E la storia oggi ci dice che le tesi altrui, in materia di politiche del lavoro sono fallite. I Governi susseguitisi hanno fallito, ma noi no! Le nostre tesi sono lì davanti, vive! I fatti della quotidianità ci danno ragione.
In ultimo l’elogio dell’avversario.
Marchionne è stato un grande manager e chi ne dovrà raccogliere il testimone si troverà davanti una eredità non facile. Il capitalismo finanziario oggi -mentre scriviamo – trema. Le borse sono a picco. Ma noi sappiamo che non sarà questo a dare il colpo definitivo al gigante “tonto”: il capitalismo, mentre l’altro nostro avversario, “il gigante dai piedi d’argilla”: il comunismo, è perito da un pezzo ed ha lasciato sul campo una residuale rappresentanza di vigliacchi comunisti.
Come quelli de “il Manifesto“.
 
Precedente Sceneggiata napoletana dell'inadeguato Ministro Lezzi. Scontro fra Istituzioni: intervenga il Premier Conte Successivo Sodalitium Luglio 2018. Editoriale