2/10 Trieste consolida leader Giorgia Meloni. Lo divenne a Fiuggi nel 2014 consegnando Fini al passato.

Giorgia Meloni e le coincidenze della vita per una giovane leader della Destra italiana.

Nasce a Roma da genitori appartenenti all’Italia insulare da madre siciliana e padre sardo.  Cresce nel quartiere popolare della Garbatella, famoso per essere zona “rossa”ma questo non le impedisce di iscriversi nel 1992  alla sezione del Movimento Sociale Italiano di via Guendalina Borghese. Studentessa dagli ottimi voti dimostra tutto il suo carattere nelle battaglie istituzionali e nel tenere testa alla sua difficile situazione familiare, non è nata né da una famiglia abbiente, né da una famiglia benestante, il padre e la madre si sono separati quanto lei era ancora molto piccola (1979). Lei e la sorella Arianna ancora molto piccole si ritrovano a crescere senza la figura paterna sostituita dalle amorevoli cure della madre e dei nonni. È gia’ donna quando, dopo quasi vent’anni di assenza, la figura paterna torna dalle figlie ma questa volta è stata lei a “lasciarlo” dicendogli che non sarebbe stato il caso di riprendere alcun rapporto.

Sarà proprio questa esperienza ad aver reso la giovane romana, una persona tenace e sempre pronta a lottare nella vita come nella politica, come quando nel 2014 durante il primo congresso di Fratelli d’Italia a Fiuggi, Gianfranco Fini la attaccò frontalmente con parole intrise di inqualificabile gelosia:  “sembrano bambini cresciuti, e viziati, che vogliono imitare i fratelli maggiori senza capire che le condizioni in cui si trovano sono completamente diverse. Rischiano di far piangere, di rabbia e non certo di commozione, chi venti anni fa era consapevole di quel che stava accadendo a destra”, concluse Fini. Non si fece attendere la risposta. Giorgia forte della sua esperienza di vita, unitamente allo sdegno per quei padri che non riescono ad assumersi le responsabilità che la vita gli impone, dal palco di Fiuggi dove il partito iniziò a correggere le ventennali sorture storiche ed ideali che proprio lì, furono attuate, con naturalezza ebbe modo di replicare: “In questi anni non ho mai risposto ai diversi attacchi, alle ironie, che ci e mi sono stati rivolte da Gianfranco Fini. Perché non è nel mio stile rispondere e perché penso che i panni sporchi debbano essere in qualche modo lavati in casa. Quello che ho letto ieri, però, merita almeno una risposta. Io non comprendo le ragioni di tanto astio per chi prova a ricostruire qualcosa che evidentemente a Gianfranco Fini non interessava più. Non accetto l’accusa di essere dei bambini viziati. Noi non siamo bambini viziati. Siamo uomini e donne che sono dovuti crescere troppo in fretta e cavarsela da soli, come sempre accade a quei ragazzi che vengono abbandonati dal loro padre, che a un certo punto scappa di casa e se ne va in giro per il mondo a sperperare un patrimonio. Questo noi siamo”.

La leadership nacque in quel congresso e qualcuno fu lapidario nello scrivere: “da Giorgio a Giorgia”, immaginando un ideale passaggio di consegne da Almirante al presente cancellando intermediari.

Perché è sicuramente meglio farsi guidare da certe donne che farsi raggirare da altre.

Ancor prima, dopo essere stata eletta Ministro della Gioventù all’interno del IV Governo Berlusconi, Giorgia Meloni, ebbe a dimostrare forte personalità infatti, all’età di 31 anni, dichiarò di avere un «rapporto sereno con il fascismo e che Mussolini «è un personaggio complesso, che va storicizzato». Grosso modo una posizione di forte personalità politica. Ad esempio anche Pino Rauti, incalzato dalla retorica antifascista ebbe modo di affermare: « Non mi sento un neofascista, il fascismo non è più ripetibile. È solo un giacimento della memoria al quale penso che si possa ancora attingere. » Due posizioni accettabili ma che non sanno di abiura al cospetto di colui il quale affermò in maniera inqualificabile: “il fascismo fu parte del male assoluto”. 

il bene ed il male assoluto non sono di questo mondo, le miserie umane invece si. Cala il sipario.
Trieste  Giorgia Meloni agisce da leader e pone le sue condizioni: a Silvio Berlusconi (che Fini non riuscì a domare) ha chiesto di inserire in Costituzione la cosiddetta clausola di supremazia, con la quale le direttive europee entrano nel nostro ordinamento giuridico solo se non contrastanti con gli interessi nazionali. A Matteo Salvini ha ricordato che solo l’opzione presidenzialista con l’elezione diretta del capo dello Stato, può bilanciare il federalismo, che in ogni caso FdI vorrebbe basato sull’autonomia funzionale di 36 enti intermedi fra lo Stato ed i comuni e non sulle regioni.  “Da oggi non siamo più solo la prosecuzione di una storia, ma ne intraprendiamo un’altra di cui noi, e noi soli, siamo insieme artefici e responsabili”, afferma.

La Meloni non sta alzando la posta in vista della trattativa per la spartizione di quel terzo di collegi uninominali con candidato comune, ma mira al superamento del “polo delle libertà” da rimpiazzare con il “polo delle identità”.  L’alleanza non è più una scelta obbligata bensì l’esito di un’adesione convinta e libera sulla scorta di un comune programma. Da questo punto di vista Giorgia mira a consolidare la sua leadership che è terza e viene subito dopo Matteo Renzi (in caduta libera) e Matteo Salvini (fermo da mesi al suo potenziale massimo).

Simbolo e leader ci sono. Non da meno le idee. Cosa manca per volare verso percentuali più alte?

 

Precedente 1/10 Trieste e la tutela delle radici. La Fiamma Successivo 3/10. Trieste e la fase due: riformismo della “via terza". Le Idee