Conte Premier, l’avvocato dei populisti nella repubblica del “papocchio”. Il nostro futuro.

Editoriale di Giovanni De Luca

«Nasce il governo del cambiamento e io sarò l’avvocato difensore del  popolo», queste le parole del neo Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e da qui, cari lettori, il nostro di interrogativo: “da chi ci dovrà difendere?”

Dai burocrati di Bruxelles verrebbe da scrivere per logica, ma questo stride – in maniera chiara ed inequivocabile – con il discorso pronunciato dall’incaricato “con riserva” tenuto ben oltre le 17.30 poichè coincidevano anche con l’ora di chiusura delle Borse. Non si sa’ mai.

Un dubbio assale lo scrivente ed avvalora le perplessità del nostro mondo: un Premier che viene dalla periferia “territoriale” del “giglio magico”, collega docente di uno dei figli del Presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano, conoscente dell’ex Ministro Boschi è quanto di più preoccupante ci possa essere insieme con quella sinistra che si vuole porre in continuità con l’ex Presidente della Camera Laura Boldrini, rappresentata dall’attuale terza carica dello Stato, Roberto Fico. Tutto si potrebbe fare, meno che un governo. Dubbi e perplessità di non poco conto, profondi interrogativi poiché “nulla nasce dal nulla” e se mi si consente, interrogativi molto più concreti di un ipotetico curriculum “gonfiato”.

Conte liquida con due frasi ad effetto  i gialli (il M5S) ed i verdi (la Lega) quando nel suo discorso immagina il “governo del cambiamento” riportando la massima espressione del grillismo “dimaiano”. Poi pone al centro del programma gli intessi degli italiani, in linea con il “salviniano”. Frasi ad effetto per entrare nel cuore del ragionamento e nel copione imposto dal Colle, quelle rassicurazioni che il contesto europeo ed internazionale avevano chiesto a Mattarella: «Io sono consapevole della conferma della collocazione europea e internazionale dell’Italia -dice Conte – l’esecutivo dovrà cimentarsi da subito con i negoziati in corso, dal bilancio europeo al diritto d’asilo al completamento dell’unione bancaria. È mio intendimento impegnare a fondo il governo su questo terreno costruendo alleanze opportune e operando affinché l’operazione di tuteli e rifletta gli interessi nazionali».

E’ proprio sulla rassicurazione che gli sforzi del Premier saranno incentrati  nel “completamento dell’Unione bancaria” che il discorso viene inesorabilmente liberato da fantasiose interpretrazioni e chiarito. Per chi non lo avesse afferrato Conte  si ricollega alla ricetta  enunciata a Strasburgo da Emmanuel Macron. Il capo di Stato francese è intervenuto davanti al Parlamento Europeo giorni fa, con un discorso attraverso il quale ha proposto le linee da seguire per rilanciare l’Europa: “dal completamento dell’unione bancaria al tema dei migranti passando per la sovranità europea – affermò Macron – la Francia è pronta ad aumentare il proprio contributo nazionale  al bilancio comunitario dopo la Brexit, –

Un progetto per i prossimi 7 anni che dovrebbe essere presentato a breve alla Commissione Europea.

“Partono tutti incendiari e fieri, ma quando arrivano sono tutti pompieri” cantava Rino Gaetano. Non c’è dubbio, tutto in linea con le false rivoluzioni populiste studiate a tavolino dall’establishment europeo in Grecia con Syriza di Tsipras ed in Spagna con Podemos. Del resto, lo stile di Giuseppe Conte è proprio quello di Macron. E non è facile intravedere nelle parole di Di Maio quelle di Tsipras e nella scarsa benevolenza europea verso Salvini,  il volto di Yanis Varoufakis. Un quadretto per nulla rassicurante, che evidenzia il mutamento del panorama politico interno italiano ed il traghettamento verso un modello nuovo dove nulla sarà più come prima e dove Bruxelles  -anche in vista del voto per il rinnovo del parlamento europeo-  sta guidando i nuovi assetti politici.

Si è alla  fine del ciclo  che si potrebbe chiamare “Terza Repubblica” solo alla sua conclusione. Non può essere tale il tentativo di un governo con a capo un uomo esterno alla politica a determinare un passaggio di epoche e Repubbliche.  L’insieme di riforme dell’architettura dello Stato che questi uomini e questi partiti così disomogenei non possono affrontare, ad esempio. Potrà essere “Terza Repubblica” con un bipolarismo composto dal nazionalpopulista Salvini da una parte e la marionetta del sistema Di Maio, dall’altra?  Bisognerà immaginare un altro sistema con un ritorno al proporzionale ed è difficile  – non ci sono né basi, né certezze per avanzare un ragionamento che sia serio  –  sul futuro di coloro i quali, in Italia,  fanno capo al Partito Popolare Europeo ed al Partito socialista Europeo al momento completamente fuori dai giochi.

Se mi è consentito, ancor più difficile risulta immaginare le sorti politiche di Fratelli d’Italia nel momento in cui il suo Leader Giorgia Meloni, annuncia senza mezzi termini che il vecchio centro destra così come era concepito non esiste più. Il dignitoso, coraggioso ed orgoglioso raggruppamento parlamentare in continuità con la storia della Destra italiana dal dopoguerra ad oggi, dalle diaspore in poi,  dovrà dimostrare lungimiranza e grande abilità di strategia e tattica.

Il ragionamento è semplice, più difficile immaginare il futuro: tutti noi ambiamo al governo della nazione.  A vincere e determinare il cambiamento delle nostre genti per le motivazioni enunciate. Appare impossibile farlo con il Movimento 5 Stelle e nel vicolo cieco nel quale Salvini si è “cacciato” sotto attacco da parte dell’Europa ed in minoranza nei confronti del M5S.  Ricattabile e debole.

A questo punto si liberano praterie d’azione politica partendo dall’opposizione a questo “papocchio” che esploderà a Roma, a Torino ed a Milano.

A Roma,  dove la presenza politica e la consistenza di Fratelli d’Italia è forte e visibile. A Torino dove Chiara Appendino non farà un passo indietro nelle politiche di islamizzazione ed inculturazione portate avanti dalla su Giunta. A Milano dove il governo regionale ha un asse indissolubile fra Forza Italia e parti della Lega filo europeiste lontane dalle visioni populiste di Matteo Salvini.

Fratelli d’Italia avrà un grande ruolo di incomodo e di protagonista della scena politica se saprà interpretare le delusioni di coloro i quali  oggi nutrono enormi “speranze” nel M5S e “fiducia” nella Lega. Avremo un ruolo se sapremo tramutare  speranze e fiducia mal riposte in certezze, in coraggio, in proposta ed azione politica, perché noi siamo la Destra del popolo e non del populismo, siamo la Destra europea delle nazioni e delle Patrie e non la destra dell’unione economia europea.

Perché  siamo un movimento forgiato nel sacrificio e che a sua volta affonda le radici nella difesa di una storia secolare.

Infine, perché non “veniamo” né da una piattaforma informatica, né dalle nebbie delle montagne e rappresentiamo, ancora oggi, la più geniale e mediterranea delle Idee. Diversamente non si sarebbero compiute delle scelte identitarie da parte di chi è andato via dal PDL e “dall’Officina per l’Italia” ad oggi.

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